Siete stranieri, niente basket: due giovani promesse in tribuna a Novara

Hanno 12 anni, giocano da quando ne avevano sette, ma non hanno genitori italiani



Due adolescenti, amanti dello sport, che non possono praticarlo a causa di una delle tante storie di ordinaria burocrazia che affliggono il Belpaese. Accade a Novara, ma anche in molti altri altri piccoli e grandi centri urbani italiani. La cronaca ogni tanto porta queste vicende sulla ribalta nazionale: a volte si risolvono, a volte no. "Questa - dice Ugo Finetti, presidente della società Novara Basket, attiva dal 1980 nei settori giovanile e minibasket e attorno alla quale ruotano circa 650 teenager - speriamo finisca bene, magari come regalo di Natale!".

I protagonisti sono due ragazzi, uno con genitori nigeriani, uno con genitori russi, entrambi nati e da sempre residenti in Italia: hanno entrambi 12 anni e giocano a pallacanestro da quando ne avevano sette. Dallo scorso settembre, però devono stare in tribuna a guardare i compagni sfidarsi sul campo. Capiscono il perchè, ma faticano ad accettarlo: sono considerati "stranieri".

"Quest’anno, come sempre - spiega Finetti - la nostra società ha tesserato i ragazzi uscenti dal minibasket e che ora fanno parte della categoria under13, ma due di loro, anche se hanno un permesso di soggiorno ilimitato, vanno a scuola qui da quando sono nati e si allenano con noi da molti anni, sono soggetti a una sospensione finché non saranno stati fatti tutti i controlli previsti da un regolamento del tutto anacronistico: dopo la nostra richiesta la Federazione Italiana Pallacanestro (Fip) deve fare domanda alla federazione internazionale (Fiba), che a sua volta deve avere dalla federazione del paese di origine del ragazzo la certificazione che non sia stato tesserato o abbia partecipato a campionati nel suo Paese. Con l’aumento del numero di famiglie con genitori immigati i casi, che fino a pochi anni fa erano limitati, stanno aumentando in modo esponenziale e mentre si aspetta una risposta, anche per mesi, i ragazzi non possono mettere piede in campo. Lo abbiamo spiegato sia a loro sia ai loro genitori, che comprendono il problema, ma fino a che non arriva il nulla-osta non possono nemmeno andare in panchina e sono molto delusi e intristiti".

Dalla Fip, che è oberata dal lavoro per lo smaltimento delle sempre più numerose pratiche simili, non è arrivata alcuna deroga al regolamento e in questa situazione 
ci sono centinaia, forse migliaia, di ragazzi in tutta Italia. "E pensare - conclude Finetti - che da quasi due anni abbiamo una legge sullo "ius soli" sportivo (la n.12 del 20 gennaio 2016, ndr). Speriamo solo che tutti i giovani che stanno guardando i loro compagni di squadra giocare, anzichè giocare con loro, per colpa di regolamenti e burocrazia, non si stanchino. Perchè in quel caso avremmo perso tutti, ma non una partita: avremmo perso dei ragazzi".
Articolo tratto dal quotidiano "La Repubblica" Edizione di Torino del 9 novembre 2017
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Basket Sole è iscritto al campionato Under 14, torneo iniziato da due settimane.
Nelle prime due giornate, grazie alla collaborazione delle prime due avversarie, ha rinviato le partite in calendario. Perché? Perché i nostri Romina (albanese), Aida (senegalese) e Youssaef (marocchino) sono ancora in attesa di tesseramento per la nostra società. Con pratiche avviate ormai da oltre un mese e mezzo. Ad oggi ancora in itinere, ci hanno spiegato.
Nella terza giornata, sabato 11 novembre, a Borgotrebbia è in programma Basket Sole-Fiorenzuola. Andremo in campo. Senza Romina, Aida e Youssaef, perchè ormai abbiamo perso del tutto la speranza che la situazione si risolva in tempi brevi.
Il momento più difficile di questa vicenda? Gli occhi dei nostri tre ragazzi quando, con evidente imbarazzo, abbiamo cercato di spiegare loro che - per ora e chissà ancora per quanto - non possono giocare con i colori che hanno scelto, il rosso e il blu del Basket Sole. Perché? Già, perché? Qualcuno a Bologna o a Roma, ha voglia di spiegarlo di persona ai nostri tre ragazzi?
Se a breve Romina, Aida e Youssaef, decideranno di fare dell'altro invece che (non) giocare a basket, non potremo che capirli.